La minestra, simbolo di equità: dividere o con-dividere?
E a ricordarci che il cibo è simbolo oltre che nutrimento, arriva la ricetta di ottobre di Martino! Soffermiamoci un attimo: una zuppa, una minestra o una vellutata hanno, oltre alla loro naturale bontà, anche il sapore della condivisione, del cibo che si riempie del gesto del passaggio dal recipiente comune al piatto di ognuno. Una minestra per riscaldare un’umida serata autunnale ma anche per rallegrare un veloce pranzo perché la particolarità è che la nostra zuppa sarà stata essiccata in precedenza e così pronta all’uso in ogni momento, da qui alla fine dell’inverno 🙂
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Non c’è alimento o gesto che varchi la soglia di una cucina senza essere investito di un fortissimo valore simbolico.
La simbologia del cibo è un pozzo senza fondo di usi e costumi dei popoli e, analizzando il cibo che abbiamo di fronte, possiamo così capire meglio il suo valore in un contesto ben più ampio che porta poi alla scelta di specifici alimenti all’interno di un codice, quello delle ricette: la costruzione della tradizione espressa attraverso l’utilizzo del cibo precisamente contestualizzato, seguendo un codice comportamentale che trasuda consuetudini sociali e valore storico. Il cibo non è più ciò che realmente è, ovvero alimento con funzione puramente nutriente: il cibo è reso significante di usi formalmente inespressi, in una tacita danza popolare nella quale tutti sanno cosa va fatto e perché!
Gli stessi gesti in cucina assumono significato ben altro del semplice gesto originale: la carne non è più un animale, ma cibo come segno di potere, e la divisione delle carni sta a sottolineare la gerarchia sociale.
L’esempio esattamente opposto è la minestra, un alimento senza forma: una zuppa, una vellutata, una crema assumono la forma del contenitore in cui vengono versate.
La minestra che si distribuiva ai monaci, durante il Medioevo, aveva la funzione di segnalare l’assenza di gerarchie nella comunità.
Zuppe, creme e vellutate non si definiscono in base al loro contenuto: l’ingrediente chiave sembra essere la lavorazione più che l’alimento, che appare in secondo piano, in funzione di attributo. Tali espressioni indicano una tipologia di vivanda, determinata dalla sua consistenza: la zuppa ha una texture che permette ancora di individuarne gli ingredienti e si lascia masticare, una vellutata o una crema uniscono tutto esaltando una consistenza leggera, ariosa.
Difficile definire una minestra, parola con ampissimo spettro semantico, che più che raccontare una preparazione evoca un gesto. Ministrare, somministrare, distribuire: il gesto di condividere il cibo che sta in una marmitta, un recipiente comune, e viene poi versato nella scodella di ognuno. Condensato in questo gesto troviamo il bisogno di nutrimento, soddisfatto dalla solidarietà degli uomini, tutti riuniti per celebrare il rito collettivo della sopravvivenza.
Sopravvivenza e fame, fame e usi popolari: abbiamo più volte analizzato questo argomento, che sembra essere il filo conduttore della storia dell’alimentazione umana.
Fame e conservazione: esigenze di un tempo ed esigenze attuali unite in una ricetta.
La paura che una volta rappresentava la fame, per noi oggi è quella dell’orologio: la mancanza di tempo detta le scelte di tutti i giorni, soprattutto quelle alimentari.
Così, giocando con la simbologia, ho voluto prepararvi una zuppa pronta che unisce l’essiccazione come metodo per scongiurare la fame all’essiccazione come metodo per non perdere troppo tempo ai fornelli, a rappresentare una volontà democratica di condivisione e solidarietà!
Ingredienti (dosi per 2 persone):
- 70 g di orzo
- 50 g di lenticchie rosse spaccate
- 60 g di piselli verdi spaccati
- 100 g di zucchine
- 50 g di cipolla
- 100 g di carote
- 60 g di coste
- 1 cucchiaio di dado secco fatto in casa con l’essiccatore
- 1 cucchiaio di zucca in polvere
- 4 g di sale grosso integrale
Preparazione:
Lavate tutte le verdure: attenti a eventuali impurità. Tagliate le zucchine a cubetto, la cipolla a julienne, la carota a rondelle diagonali e le coste a rombo. Posizionate il tutto nelle placche del vostro Biosec e impostatelo a 60°C per 12 ore.
Quando la verdura sarà completamente essiccata componete la vostra zuppa: in un vaso stratificate prima le verdure, poi l’orzo, i piselli, le lenticchie, il dado secco, la zucca secca e il sale.
Quando vorrete mangiare la vostra zuppa, vi basterà versare il contenuto del vaso in una pentola con un filo d’olio, aggiungere 1 litro d’acqua calda, portare ad ebollizione e far sobbollire per 30 minuti.
E poi non dite che non vi diamo strumenti e validi consigli per impiegare al meglio il vostro tempo che davvero ormai è un bene prezioso, da gestire con cura e intelligenza!
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Un dubbio…..per piselli spaccati cosa intendete? perchè quelli secchi senza preventivo ammollo non cuociono in 30 m.
Ciao Isabella, sì intendiamo quelli secchi… sì, non ci vuole molto di più, ci mettono lo stesso tempo delle lenticchie rosse decorticate! Se non dovesse convincerti per i tempi, magari escludi i piselli secchi e aggiungili freschi in cottura, verso la fine 😉
grazie, domani dovrebbe arrivarmi il mio primo essicatore….non vedo l’ora di provare ad essicare…. seguendo i vostri preziosi consigli!
e se metto i piselli freschi ad essiccare insieme al resto? Cosa significa lenticchie rosse spaccate?E’ bellissimo quel vasetto con tutte le verdure essiccate…ottimo regalo per un’amica che non ha mai tempo.
è possibile essiccare tutto insieme senza problemi.
secondo me vuol dire decorticate, che sono poi quelle nel vaso della foto ????