Hoshigaki e altri frutti: come prepararli con l’essiccatore
Hoshigaki, sai cosa sono?
Sono un prodotto della tradizione giapponese: cachi o loti essiccati all’aria, appesi a dei graticci di bambù per almeno un mese. Ogni tanto, alcune volte tutti i giorni, vengono massaggiati o spazzolati per un’essiccazione uniforme.
Potevo non chiedermi se fosse possibile replicare il processo con l’essiccatore? Non mi sono lasciato sfuggire l’idea, e visto che sono curioso ho essiccato anche altri frutti.
Vediamo insieme cosa ne è venuto fuori e cosa ho scoperto sperimentando.
Curiosità: le “Mele d’Oriente” o “Loti del Giappone” sono frutti originari della Cina. Sono stati coltivati nel nostro territorio dai primi del ‘900.
Hoshigaki, prepariamoli con l’essiccatore
Scegli dei cachi duri, cachi mela o vaniglia. Non serve che siano troppo maturi.
Non staccare il picciolo. Lava e sbuccia i frutti, io ho utilizzato un pelapatate.
Se desideri la forma classica degli hoshigaki li devi pelare dall’alto verso il basso, cioè in verticale e mai in orizzontale.
Prima di procedere metti a portata di mano dello spago da cucina: ti servirà per appenderli.
Bollitura
I frutti vanno sbollentati per circa un minuto prima di metterli in essiccatore.
Mi raccomando: l’acqua deve bollire quando li immergi e il tempo lo devi calcolare da quando riprende il bollore.
Poi appendili al cassetto superiore come vedi delle foto in alto, facendo passare il filo nei fori e senza sovraccaricarlo.
È molto importante lasciare spazio tra un frutto e l’altro, non si devono toccare.
Essiccazione
Il procedimento in essiccatore per produrre gli hoshigaki richiede tempo e diverse temperature: dobbiamo sì essiccare ma allo stesso tempo permettere al frutto di maturare o stagionare.
Che vuol dire? Il cachi appeso secondo tradizione sotto alle graticce e all’aria da una parte si essicca e dall’altra avvengono dei processi che portano a quella che potremmo chiamare maturazione del prodotto che gli conferiscono il sapore e la consistenza, che non è di un frutto solamente essiccato. Dobbiamo perdere l’acqua (essiccazione) ma anche maturare (cambiare sapore).
Ho fatto vari esperimenti, e alla fine mettendo insieme i dati ho raggiunto il mio obiettivo. Te ne racconto due.
Nella foto in alto tre momenti di essiccazione: un giorno, a metà e alla fine (da sn a dx).
Primo tentativo
- 7 giorni a 60°C
- PAUSA: dopo 7 giorni hanno bisogno di almeno 15 gg di riposo. Li puoi appendere in frigo o in un luogo fresco e asciutto.
- 7 giorni a 30°C
I 7 giorni a 60°C hanno fatto asciugare molto velocemente l’esterno, lasciando tanta umidità all’interno e non dando all’acqua il tempo di migrare verso l’esterno ed evaporare. Il risultato era molto vicino all’essiccazione ma non arrivava alla “maturazione” propria degli hoshigaki.
Secondo tentativo
- 1 giorno di essiccazione a 60°C
- 6 giorni di essiccazione 40°C
- PAUSA: dopo 7 giorni hanno bisogno di almeno 15 gg di riposo. Li puoi appendere in frigo o in un luogo fresco e asciutto.
- 7 giorni a 30°C
La fretta non è buona consigliera: è bastato diminuire la temperatura e il prodotto è stato nettamente superiore.
I 60°C del primo giorno hanno aiutato a fare evaporare l’acqua superficiale più pericolosa per lo sviluppo di batteri e muffe e poi i 40°C costanti per 6 giorni hanno fatto il resto del lavoro con gentilezza, permettendo una migliore evaporazione dell’acqua interna e facendo “maturare” il frutto.
Conclusioni
Il secondo tentativo è il processo di preparazione degli hoshigaki che preferisco e ti consiglio!
Solitamente i frutti essiccati secondo la tradizione ci mettono tra le 4 e le 6 settimane. L’essiccatore ci permette di diminuire il tempo ma dobbiamo avere delle accortezze che replicano in qualche modo l’essiccazione tradizionale.
Parlo di stagionatura perché durante l’essiccazione viene solamente tolta l’acqua mentre durante la stagionatura avvengono processi fermentativi/enzimatici che sviluppano il sapore del frutto. In questo processo la seconda fase a 30°C è quella più simile ad una stagionatura avendo già tolto l’acqua prima e avendo il frutto molti zuccheri che ci proteggono da muffe e batteri.
Hoshigaki, sono pronti!
L’hoskigaki ha un sapore dolce, sembra quasi una gelatina. Può ricordare la consistenza del dattero o della cotognata. Il prodotto mantiene una sua morbidezza, gli zuccheri si sono concentrati.
Consiglio: alla fine degli ultimi 7 giorni a 30°C potete rimetterli in frigo o in un ambiente asciutto. Continueranno a maturare e i sapori si concentreranno ancora.
Problemi di preparazione, e altre scoperte
Massaggi
Io non li ho massaggiati tanto, ma in realtà mi sono reso conto che è un aiuto concreto alla miglior riuscita del prodotto.
Aiuta tantissimo la consistenza interna del frutto rompendo le fibre. Quindi massaggia i tuoi hoshigaki, la prima settimana almeno due volte al giorno!
Muffa
Al contrario del metodo tradizionale che richiede il massaggio anche per evitare le muffe esterne, i primi 7gg di essiccatore a 60°C e 40°c ne impediscono la formazione.
Io ho fatto un errore: i cachi andrebbero appesi per il picciolo, io invece ho voluto essiccare una parte dei frutti infilandoli con un filo, per una mera scelta estetica pensando alle foto.
Cosa è successo? Il foro dell’ago ha permesso all’aria di entrare e formare muffe, come si vede nella foto di destra. Il frutto non va bucato!
Variabili
Come sempre infinite. Stiamo cercando di emulare una processo di preparazione di un prodotto, ma dobbiamo essere consapevoli che non potremmo mai replicarlo nella sua interezza.
Quello che io ho cercato di fare è di capire la tradizione, cercando molte informazioni e poi di analizzare come procedere con l’essiccatore, tenendo sempre a mente un fattore fondamentale: la sicurezza alimentare. Ricorda sempre, quando sperimenti, che stai lavorando con prodotti alimentari. Se un prodotto non ti convince non mangiarlo!
Perché gli hoshigaki nelle foto sono bianchi?
Il bianco è dato dalla cristallizzazione dello zucchero, i miei non hanno cristallizzato in nessuno dei vari processi che ho provato.
Potrebbe dipendere dal tipo di frutto: in Giappone normalmente utilizzano i cachi aspri chiamati ‘shibugaki‘, questi frutti sono più dolci dopo l’essiccazione rispetto a quelli buoni da mangiare freschi. Altra possibilità è il tempo: con l’essiccatore acceleriamo i tempi e non si permette allo zucchero di salire in superficie e cristallizzare.
Zuccheri e Fibre, qualche numero
Mi sono divertito a raccogliere un po’ di dati per avere un’idea del calo peso del prodotto.
Non ha una valenza scientifica ma può fornirti qualche informazione per sapere cosa succede e delle quantità di zuccheri e fibre presenti alla fine del processo.
Ho preso come riferimento un cachi mela da 200g: questo frutto ha in media 81% di acqua e 19% di solidi di cui circa 16% di zuccheri e 3% di fibre.
Vediamo cosa succede dopo determinati intervalli di tempo:
- 1 giorno di essiccazione a 60°C: il peso scende a 100g
- 2 giorni di essiccazione 40°C: il peso scende a 80g
- 4 giorni di essiccazione 40°C: il peso scende a 60g
- 7 giorni di essiccazione a 40°C: il peso scende a 50g
Nella successiva settimana a 30°C non abbiamo un calo peso significativo, parliamo di grammi.
Quindi un cachi essiccato che pesa 50g ha: 32g di zucchero, 4 di fibre e 14 di acqua legata.
Conservazione
Questi dati alla fine sono stati utilissimi per capire come conservare questo prodotto e la sua sicurezza alimentare.
Il frutto lavorato con questo procedimento raggiunge i 72/74° Brix quindi è super conservabile a temperatura ambiente in luogo asciutto e fresco. Non serve il frigorifero.
Ti consiglio sempre di conservare il prodotto in barattoli o scatole ermetiche, in un luogo poco illuminato.
Durata? La stagionalità! Non conservare per anni i prodotti essiccati, ogni stagione puoi rifare le tue scorte.
Non solo Hoshigaki
Mi sono chiesto: se si possono fare gli hoshigaki con l’essiccatore perché non realizzare altra frutta con lo stesso procedimento?
Detto fatto. La tecnica è la stessa che ti ho illustrato per i cachi: sbuccia il frutto, lo sbollenti e lo essicchi appeso, seguendo i vari step.
Kiwi e Ananas
Sono i due frutti che dal punto di vista estetico hanno avuto una resa stupenda.
Kiwi
Concentra gli zuccheri e riduce la nota aspra. Rimane dal punto di vista del gusto molto simile al frutto fresco.
Ananas
Il gusto dell’ananas si concentra tantissimo ed è dolcissima, sembra quella che ti vendono sulle bancarelle ma senza aggiunta di zuccheri e con una morbidezza delle fibre spettacolare.
Prugna e mela
Prugna
Il gusto aspro e dolce della prugna si sono concentrati. Tra i frutti è l’unico che non ha perso l’umidità esterna, anche alla fine del processo era appiccicoso e macchiava le mani: lo puoi notare anche dal colore dei filo con cui lo appeso. L’ho conservato in frigo, non mi sono fidato e non aveva senso rischiare.
Mela Fuji
La mela diventa asciutta, con una consistenza strana, quasi una spugna asciutta. Il sapore poco interessante. Non la userei per questo tipo di preparazione o forse proverei con altre varietà.
Pere e Pesche
Questi frutti mi hanno dato grande soddisfazione.
Pera Santa Maria e Pera Abate
Il gusto inaspettato: sentori di nocciola, di bosco, di cognac, sensazione legnosa della barrique. Quella scura più della chiara.
Perché abbiano due colori diversi per me è un mistero, entrambe sbucciate avevano la polpa simile. Posso ipotizzare che derivi dalla differenza di zuccheri contenuti. Unica nota: la consistenza a fine processo non era morbida, forse con il massaggio avrei avuto un risultato diverso.
Pesca Tabacchiera e Gialla
Entrambe hanno dato un bel risultato. Molto presente il profumo, hanno acquisito un gusto piacevole di frutta maturata al sole.
La gialla era leggermente più acidula mentre la tabacchiera molto più dolce.
Ovviamente gli esperimenti vanno avanti. Chi si ferma.
Raccontami la tue esperienza: ti incuriosirebbe provare questo tipo di essiccazione o hai già fatto delle prove?
Credit foto Marcella Cistola
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