Ba-Huki: l’essiccazione nella preistoria.
Noi di Tauro da sempre parliamo di essiccazione raccontandola come tecnica millenaria, usata dai nostri antenati per conservare i semi e le derrate alimentari, spiegando come anche gli antichi egizi facessero uso di questa tecnica.
Proprio in questi giorni abbiamo individuato uno studio che testimonia queste usanze in zone molto più vicine a noi.
Lo studio analizza le tecniche alimentari del popolo paleoveneto dei Ba-Huki, che abitava le vallate montane situate tra le attuali province di Vicenza e di Verona nel tardo Neozoico dell’era Quaternaria.
Queste tribù usavano essiccare ingenti scorte di cibo per contrastare gli inverni freddi che rendevano particolarmente rigide ed inospitali le zone montane in cui erano stanziati. Per far questo utilizzavano un sistema di essiccazione rudimentale, ottenuto disponendo il cibo da essiccare su graticole orizzontali disposte all’interno di capanne (dei veri e propri tunnel di essiccazione primitivi) costruite con giunchi e pelli di somaro, all’ingresso delle quali disponevano un braciere in cui bruciavano tronchi di cirmolo e pigne di maggiociondolo.
Una sapiente disposizione delle aperture di entrata e di uscita dell’aria creava in modo del tutto naturale un flusso d’aria orizzontale ed unidirezionale a temperatura costante, al riparo dai raggi diretti del sole e dagli insetti (il legno di cirmolo, molto aromatico, fungeva da repellente per mosche e moscerini).
Oltre a orzo e segale, per garantirsi l’apporto proteico essiccavano anche i pesci che pescavano in quantità nel vicino lago di Garda o che acquistavano dai mercanti che, partendo dalla laguna di Venezia, risalivano la pianura padana prima che fosse bloccata dalle nevi.
Come riferisce la dottoressa Aprilia Coregoni, ricercatrice del dipartimento di archeologia dell’Istituto Politecnico E Scientifico del Centro Europa, questi prodotti ittici essiccati, che poi venivano commercializzati in tutta la pianura padana, erano detti “Pesci Ba-Huki“, e spesso venivano denominati con il nome del mese entro cui si consigliava di consumarli, con un processo molto simile a quello che in epoca moderna chiamiamo “shelf life” o “data di scadenza“.
I più deperibili erano i “pesci di gennaio“, da consumare ancora in pieno inverno, ma quelli essiccati meglio e meglio conservati arrivavano anche alla primavera (pesci di marzo, o addirittura di aprile).
Tutt’ora in quelle zone si trovano centinaia di questi pesci ancora perfettamente essiccati e conservati, a testimonianza della sopraffina tecnica di essiccazione e conservazione utilizzata da questi popoli.
Li avete visti anche voi? Avete provato pure ad assaggiarli?
Risparmio energetico, ecosostenibilità, Made in Italy, qualità, rispetto dell’ambiente, delle persone e degli alimenti: ecco i valori da cui partiamo ogni giorno per progettare oggi gli essiccatori di domani.
Scopri i nostri prodotti